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Emilia-Romagna

Giovani e generi: un seminario della Uisp Imola. Lo sport per il rispetto e la condivisione

Intervista alla dott.ssa Monica Lanfranco sull'iniziativa svoltasi l'8 novembre.

IMOLA - Un inusuale incontro tra giovani sportivi e genitori, insegnanti, allenatori e operatori dello sport si è svolto nel pomeriggio dell'8 novembre a Imola, presso l'hotel Olimpia, in occasione del seminario "E questo è sport?!". Al centro dell'iniziativa la riflessione sulle parole chiave "rispetto", "condivisione" e "appartenenza", in riferimento alle tematiche connesse alla differenza di genere, condotta in maniera provocatoria con il contributo delle dottoresse Federica Resca e Monica Lanfranco. A quest'ultima, giornalista e formatrice nonché storica appartenente al gruppo di donne della Uisp che 25 anni fa produsse la "Carta dei diritti delle donne nello sport", abbiamo chiesto di raccontarci i dettagli di questa giornata che ha coinvolto circa 60 ragazzi e 70 adulti.

Monica, ti chiederei innanzitutto di spiegare come era organizzato questo seminario?
"Dopo un momento iniziale in cui è stato introdotto il tema della differenza di genere ci siamo divisi in due gruppi: da una parte i ragazzi con me mentre dall'altra gli adulti con Federica Resca. Abbiamo quindi iniziato il lavoro pratico su questi temi, assecondando l'intento della Uisp di mettere mano in maniera molto seria alla differenza di genere attraverso lo sport. È stato importante tranquillizzare subito le persone, metterle a proprio agio, poiché nella nostra cultura sono rari i momenti veri di socializzazione su questi argomenti. Per quanto riguarda il lavoro con i ragazzi, sottolineo che rispetto alla generazione precedente c'è una mutazione sociologica legata alle capacità di ascolto: internet, una certa assuefazione al senso imperiale della vista, una sensorialità legata anche alle caratteristiche dell'adolescenza fanno sì che in una situazione non codificata si faccia fatica ad avere attenzione reciproca e verso gli operatori".

Come avete strutturato allora il vostro intervento?
"Si è provato subito a far fare loro conoscenza senza l'uso della vista, che spesso è la finestra immediata attraverso cui passa lo stereotipo sessista. Attraverso la chiusura degli occhi abbiamo cercato di far fare conoscenza attraverso le mani. Si tratta di una prassi che anche tra gli adulti restituisce elementi sorprendenti, poiché le persone affermano di percepire cose nuove e diverse rispetto agli altri. Da qui abbiamo cominciato a discutere sulla differenza di genere, partendo anche dal naturale sentimento di imbarazzo che molti hanno provato, e chiarendo che non sempre è sessualità o ossessione che ci muove verso gli altri ma anche semplice possibilità empatica. Dopo c'è stato un classico brain storming sugli stereotipi sessisti, da cui sono scaturite circa cinquanta parole chiave, che ha permesso di denotare una grande confusione tra i concetti di stereotipo e pregiudizio".

Qual è invece il tuo giudizio complessivo sull'andamento del seminario?
"Da simili situazioni vengo fuori sempre come sdoppiata. Da una parte la grande energia che si sprigiona in quel momento mi dice che c'è un grande bisogno di ricominciare a esprimerci in maniera reale, creando relazioni profonde e vere che contrastino le grandi forme di comunicazione superficiale e carica di stereotipi cui siamo sottoposti. Al contempo la parte meno ottimista di me si accorge che sia le scuole che le famiglie sono spesso luoghi deprivati in termini di comunicazione reale. E vedo questo è uno dei sintomi del pericolo in cui questo paese è. È chiaro purtroppo che rispetto ai grandi comunicatori di stereotipi che abbiamo siamo di fronte a una lotta impari".

(vi.mar.)

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